Il sogno di un piano veneziano a Parigi (2005)

Alio Die e Festina Lente focalizzano insieme quel luogo della memoria dove il passato decanta con velata nostalgia, viene raggiunto con drammaticità ed infine estingue se stesso al divenire, là nel confine dove finisce il ricordo personale e si spalanca il gusto di un'esperienza impersonale, familiare a ciascuno... come la vita sta al cosmo ed il tempo alle stagioni.
Così dopo una lunga amicizia, un pianoforte incontra uno zither, il loro suono  ci dirige sulle ali di un sogno cullante ed antico, in strati nebbiosi, come brandelli di impalpabili sensazioni, che guidano un viaggio a ritroso verso l'interno.
I suoni registrati a Parigi, in Asia e America da Alio Die, Sonja Kim e Francesco Paladino: rituali, animali, oggetti e spontanee voci di strada, contornano e conducono in mondi paralleli. Le tracce più ambientali si alternano a momenti più spiccatamente oscuri ed intensi, senza che la soluzione di continuità che il suono pervade venga mai infranta; questo grazie all'elaborazione organica dei suoni: i loops di note e di silenzi, le presenze sottili dei fields recordings che spiano l'uomo e la natura... E così il piano trattato, e le corde strofinate e pizzicate, le voci ed i rumori, le risonanze delle lastre metalliche... fanno affiorare con gran fragore, e con dissolvenza di chiaroscuri il rinato corpo del ricordo, dando insieme voce ad un'ispirazione poetica ed ad un lirismo dell'intimo preciso ed affascinante.

Label press

Le corde dello zither di Alio Die incrociano quelle del pianoforte e del piano preparato di Michele Breda alias Festina Lente. Ma intorno c’e’ un gran movimento di altre sonorita’ a complicare trame che in superficie parrebbero piu’ semplici ed immediate. Sono i loops e gli effetti di Alio Die, ma un ruolo non indifferente lo giocano anche i field recordings catturati da Sonja Kim in Cina, Hong Kong, Taiwan e Malesia, come quelli registrati da Francesco Paladino per le strade e i templi di Katmandu, o in Corea e California. Ne nasce un flusso incantatorio dove come sempre con Alio Die e compagni i confini tra sogno e realta’ si perdono tra mille rivoli e colori o come suggerisce il titolo, della prima e più importante traccia, “Nei meandri piu' remoti del sogno di Scarabeo”. Disco originale e del tutto particolare con i suoi pianismi sospesi, che risente semmai di un’eccessiva lunghezza. (7)

Gino Dal Soler / Blow Up

Una nuova ispirata collaborazione per il prolifico Stefano Musso, in arte Alio Die. Non e’ un disco di facile assimilazione “Il sogno di un piano veneziano a Parigi”, eppure mi sentirei di caldeggiarlo a tutti gli amanti di musica ambient con la 'A' maiuscola, invitando costoro a chiudersi nella propria cameretta ed a dedicare più di un ascolto a queste improvvisazioni di pianoforte e zither regalateci dai due artisti.
Non conoscevo fino ad oggi Michele Brieda, che sotto il moniker di Festina Lente collabora con il nostro Stefano in queste cinque tracce dilatate e sognanti, principalmente con il suo pianoforte suonato con tocco delicato e stile minimalista. Alio Die invece si cimenta nel suo campo di azione preferito, con magnifici ed eterei loops elettronici, effetti ambientali metropolitani e non, sempre con tocco dosato e sapiente, quasi magico. Oltre allo zither, strumento a corda singola o multipla di antica origine estremo-orientale, troverete cosi' i suoni delle strade e dei templi di Katmandu, così come lo scorrere perpetuo delle fontane parigine. Lunghissima la durata media dei cinque brani, con la punta massima dei 34 minuti e oltre di “Nei meandri piu' remoti del sogno di scarabeo”; suggestivo anche l'artwork di copertina: mi immagino come renderebbe nel formato del vecchio, amato vinile. Come spesso accade in lavori di tale natura, non vi sono picchi particolari, bensi' l'opera va ascoltata e valutata nella sua interezza; nonostante cio’ la mia mente si e’ persa senza via di ritorno fra i suoni sinistri e spezzati di un carillon ne “L'orlo, la fune, il niente”.
Provate a perdervi anche voi, potrebbe essere un'esperienza illuminante.

oflorenz / Ascension Magazine

CD costruito essenzialmente su improvvisazioni di Alio Die e Festina Lente (Michele Brieda) allo zither e al pianoforte, successivamente rielaborate e arricchite in studio con altri suoni, effetti, field recordings, rumori.
Chi ha gia’ avuto modo di apprezzare il brano "Extract from Suite 1" di Alio Die e Michele Brieda nella compilation "Beyond the Darkness" pubblicata nel 2005 da "Oltre il Suono", potrà riconoscere in "Nei Meandri più Remoti del Sogno di Scarabeo", lungo brano introduttivo della durata di 34 minuti, una versione estesa e piu’ articolata di quanto gia’ ascoltato nella suddetta compilation. Il "mood" in questa nuova versione rimane sostanzialmente inalterato, cosi’ come l'approccio molto minimale alla composizione e alla scelta dei suoni, e il risultato finale e’ infatti una mezz'ora abbondante di pura ambient music dalla sonorita’ elettrocaustiche tenui e delicate, adatta soprattutto per ascolti di sottofondo a basso volume e in repeat.
"Movimenti del Cielo di Sotto" inizia tra atmosfere tese e drone-based, si arricchisce piano piano di suoni di gongs e metalli, rumori concreti di oggetti di varia natura, occasionali note di pianoforte, per poi ridiscendere progressivamente e prendere una piega decisamente più astratta e frammentaria, talora dissonante, sicuramente desueta e inaspettata. I venti minuti del successivo brano "L'orlo, la fune, il niente" costituiscono sicuramente la parte più riuscita dell'intero CD. I suoni si fanno variegati, originali e imprevedibili, e in un continuum di tensione sonora senza attimi di cedimento si odono straordinarie miscele di ronzii, ovattati suoni percussivi, metalli, gongs, campanelli, cicale, legni, distanti  voci umane... L'atmosfera si fa poi più rarefatta, e le note basse di un pianoforte riverberato sembrano condurre ai confini di una dark-ambient inquieta, spettrale e sospesa sull’orlo di un oscuro precipizio... Quindi di nuovo il ritorno di voci e rumori, segnali di presenze umane e altri strani e indecifrabili suoni spalancano le porte su un nuovo paesaggio sonoro, che con momenti di grande suggestione evolvera’ sul finale in un oscuro quasi-silenzio, lasciando spazio soltanto a rumori di cicale, agghiaccianti stridii metallici, distanziate e risonanti note di pianoforte... Il breve brano "The Emptiness Behind Seasons" rimane su fondi sonori d'impronta oscura, su cui si sovrappongono ancora tocchi di piano, zither, voci e rumori concreti, ma alleggerisce comunque la tensione precedendo lo splendido "L'Oblio nella Culla Dorata", un acquarello sonoro dalle tinte tenui e delicate costruito su un bel fondo ambientale di riverberata "musica discreta" e da inserti di voci, legni, fruscii, cinguettii di uccelli, voci di bambini, e ancora note lievi note di zither e pianoforte...

Giuseppe Verticchio / Oltre il Suono

Anche l’ultima pubblicazione della Hic Sunt Leones di Alio Die (la numero 30) e’ una collaborazione. Questa volta Stefano Musso decide di lavorare su una lunga improvvisazione al pianoforte di Michele Brieda, un musicista veneto che con il suo gruppo, i Lingam, rappresenta uno degli ultimi esempi in Italia di quello spirito anarchico e controcorrente che fu un tempo il movimento Orock in opposition. Alio Die mette le ali con i suoni dello zither, della natura e delle sue macchine elettroniche (e grazie anche ad alcuni fields recordings registrati in vari paesi asiatici da Francesco Paladino) alla lunga piece di Brieda, suonata su un vecchio pianoforte veneziano restaurato per l’occasione. Come ogni nuova uscita di Alio Die, imperdibile.

 Roberto Mandolini / Rockerilla

Musica "elettronica" nel senso più alto e compiuto del termine

Una buona parte dei termini che usiamo per definire la musica nasconde una pluralità di significati. Spesso questi cambiano semplicemente con il passare del tempo. Di conseguenza queste parole non riescono a fornire una definizione chiara e univoca. Un chiaro esempio è la cosiddetta "musica elettronica". Negli anni Settanta il termine veniva associato ai "corrieri cosmici" tedeschi come Klaus Schulze e Tangerine Dream, mentre oggi viene generalmente usato per indicare quel fenomeno che ruota attorno alla figura del disc-jockey. La differenza non è poca.
In Italia esiste da tempo una scena elettronica che non si riconosce in nessuna di queste definizioni, anche se conserva una remota parentela con le esperienze tedesche suddette. Si tratta di un ambiente nel quale predominano i solisti, in prevalenza uomini, che usano spesso degli pseudonimi. Ecco quindi Oophoi (Gianluigi Gasparetti), Tau Ceti (Enrico Cosimi), Alio Die (Stefano Musso), etc.
Vogliamo concentrarci proprio su quest'ultimo, che si dimostra uno degli artisti più stimolanti dell'ambiente in questione. Il percorso artistico di Alio Die, ormai ventennale, è segnato dalla collaborazione con i musicisti più diversi, fra i quali Amelia Cuni ("Apsaras", Projekt, 2001) e Francesco Paladino ("Angel's Fly Souvenir", Hic Sunt Leones, 2004). Questo amore per le collaborazioni sembra essere una costante dei musicisti che si muovono nell'ambito della musica elettronica: da Robert Rich a Jorge Reyes, da Steve Roach a Roedelius. L'uso del latino, o comunque il riferimento al mondo classico, è invece una caratteristica specifica di Alio Die: lo troviamo nello pseudonimo, in certi titoli (“Il tempo magico di Saturnia Pavonia”, Hic Sunt Leones, 2003) e nel nome della sua etichetta, che riprende il termine utilizzato sulle carte geografiche dell'antica Roma per segnalare le zone inesplorate. Dietro questo nome si nasconde una scelta ben precisa: il desiderio di battere strade sconosciute è uno dei motivi centrali che animano la vicenda artistica di Alio Die, peraltro assai prolifica, dato che dopo questo CD del 2005 ne sono usciti almeno altri cinque.
Nel disco in questione l'artista milanese è affiancato da Michele Brieda (alias Festina Lente), che suona il piano e il piano preparato, mentre l'altro si dedica alla cetra e a vari effetti elettronici. Il lungo brano iniziale, "Nei meandri più remoti del sogno di Scarabeo" appare segnato da lunghezze eccessive, soprattutto all'inizio. Più riuscita la conclusiva "L'oblio nella culla dorata", che in certi punti raggiunge vertici di struggente bellezza. In tutti i brani giocano un ruolo importante i suoni ambientali registrati da Francesco Paladino e Sonja Kim in varie parti del mondo. Ai momenti intensi e complessi si alternano episodi più sereni e riflessivi. In ogni caso siamo lontani anni luce dall'effettismo ambientale che nasconde quasi sempre una totale mancanza di contenuti.
Quella di Alio Die è una musica che deve essere ascoltata con calma e con attenzione, ma che in cambio è capace di donare molto. Una musica ricca di tensione rituale e di incastri sonori certosini, dove tutto deriva da un impegno sincero e profondo. Tutto questo viene poi fuso e coagulato dando vita a una nuova sostanza omogenea assolutamente personale. In alcuni momenti, come nel brano "L'orlo, la fune, il niente" si riscontra una certa affinità con le opere di artisti come Jorge Reyes e Steve Roach, ma senza che questo rilievo diminuisca l'originalità di nessuno. L'unica riserva, comunque marginale, riguarda il titolo, che inizialmente può suggerire un'associazione mentale con una certa leziosità, in ogni caso del tutto assente. Siamo davanti a un disco che meriterebbe molta più attenzione di quella che viene generalmente riservata alle opere di questo tipo, "elettroniche" nel senso più alto e compiuto del termine.

Alessandro Michelucci / http://www.musicalnews.com/