Sings Dhrupad
Un master del canto indiano tradizionale dhrupad in una eccezionale performance dal vivo registrata a Bombay.
La musica: Il tempio dell'essere
Il termine dhrupad, dal sanscrito dhruva ("fisso") e pada ("verso"), indica una composizione poetica organizzata su una struttura musicale definita. Uno degli aspetti fondamentali di questo genere risiede perciò nella struttura fissa della composizione, polo verso il quale converge l'esecuzione del råga (il termine dhruva si ritrova non a caso anche in riferimento alla stella polare). Per mezzo del verso poetico la mente entra in una meditativa esplorazione del suono e del contenuto. Spesso i testi sono vere e proprie visualizzazioni della divinità (dhyåna sloka-s) che il cantante evoca ricercando il totale assorbimento mistico. La raffinatezza delle tecniche vocali e i canoni di elaborazione e improvvisazione musicale costituiscono una possente architettura che sostiene il tempio dell'Essere. Così recita a tale proposito un testo dhrupad del maestro Dilip Candra Vedi: "Nådabrahmå (il Suono quale manifestazione del Creatore) è ciò che tutto pervade di Conoscenza; L'intero universo è costituito di Suono, che ne è la misura. Dal Suono vengono le lettere dell'alfabeto, le parole e le frasi; Attraverso il linguaggio si sviluppa la conoscenza. Nella Città del Suono, la musica e la danza (Sa†g^t) sono il tempio, i microtoni (Íruti) sono le mura e l'intonazione ( Svara) è la porta. La consonanza delle note forma il råga , che è l'effige divina nel tempio." Così spiega Vedi Nådarang. L'esecuzione del råga nel dhrupad è organizzata secondo una proporzionata struttura che gli conferisce spessore e maestosità, forma affinata nel tempo con il contributo di generazioni di musicisti. Oltre ad essere preziosa testimonianza di un'epoca di riconosciuto splendore artistico, per molti musicisti il dhrupad è inoltre uno strumento di pratica spirituale: in questa ottica il canto viene considerato la più diretta ed efficace forma di preghiera e di contemplazione. La presenza del pubblico è un fattore secondario, l'importante è ricercare il rapporto con il divino, essere nella dimensione spirituale e trarre beneficio dall'effetto armonizzante della musica. Il pubblico condividerà questo atto sacro attraverso un rispettoso e attento ascolto. E' inoltre interessante notare che la musica viene considerata un linguaggio universale in cui oggetto e soggetto tendono a fondersi nell' esperienza mistica, la quale dissolve differenze e contrasti superando discriminazioni sociali e religiose. In questa epoca di fanatico fondamentalismo ciò rappresenta un valido messaggio di tolleranza che ho potuto constatare in prima persona quale donna e straniera e, dunque, 'diversa'. Certo, oltre alla dimensione spirituale, è assolutamente indispensabile nell'esecuzione del canto dhrupad anche un alto livello qualitativo della musica perchè l'ascoltatore ne possa essere attratto, e venga coinvolto con l'artista in una spirale intossicante di suono e di ritmo. Al musicista viene richiesta modestia, sensibilità e un uso consono delle proprie abilità pazientemente coltivate come una disciplina spirituale (sådhana), finalizzandole non al virtuosismo ma all'espressione del bhåva (emozione, sentimento). In ciò si ritrovano le radici rituali del dhrupad che sembrano non avere più molta adesione nello stile di vita dell'India moderna. Lo stimolo è il sostegno dei templi e dei nobili si sono estinti, mentre i ritmi stressanti dell'occidentalizzazione stanno stravolgendo la vita quotidiana e le tradizioni. Nonostante ciò il dhrupad continua a vivere con il contributo di alcuni dediti musicisti, ricercatori e appassionati di tutto il mondo. A loro dedico la mia musica.
Amelia Cuni
Il Dhrupad
Il dhrupad è un antico genere vocale e strumentale dell'India del Nord fiorito tra il XV e il XVII secolo e tramandato sino ai nostri giorni all'interno di alcune famiglie di musicisti. Ascoltare oggi un concerto di dhrupad è una rarità, tuttavia si tratta di un genere tenuto in grande considerazione in quanto fondamento della musica colta indostana. Il dhrupad infatti aderisce strettamente ai canoni estetici della tradizione classica, mantenendo la purezza formale, dei råga per mezzo di una esecuzione sobria e sistematica. I råga sono alla base del repertorio dhrupad e si possono definire come: tracce melodiche composte da una successione di note tale da evocare emozione nell'ascoltatore. Dalla radice sanscrita ranj (colore) il råga, secondo la definizione del trattatista Matanga (IX sec. d.C.), è " ciò che colora di emozione la mente". Una tale considerazione mette in rilievo la rispondenza emotiva di questa musica, tanto importante al punto che nella tradizione ogni råga è normalmente associato ad uno o più stati d'animo, detti rasa. Il rasa (in sanscrito "nettare" ) è ciò che l'artista e il suo pubblico condividono a livello emozionale. Esso può essere di carattere contemplativo, devozionale, eroico o amoroso ed è legato alle manifestazioni della natura nello scorrere della giornata o delle stagioni. Vi sono ad esempio dei råga adatti per essere eseguiti a tarda notte per il loro carattere meditativo, oppure råga che, per la vivacità melodica, sono associati alla primavera. Per esprimere nelle sue sfumature lo stato emozionale del råga il solista articola l'esecuzione in un lungo arco di tempo organizzato in più momenti. Queste fasi evidenziano un complessivo andamento della narrazione musicale la quale procede da un ritmo lento e solenne verso una pulsazione serrata con cui si chiude l'intera esecuzione. Dal punto di vista formale, nel genere dhrupad il råga è strutturato in tre momenti principali: ålåp, pada e layakår^. La parola sanscrita ålåp significa discorso ed indica una improvvisazione del solista sul tema melodico del råga, senza l'accompagnamento ritmico della percussione. Si tratta di una esplorazione del carattere del råga in cui il solista può esprimere al meglio la sua fantasia e le proprie abilità tecniche. All'ålåp segue la composizione poetica (pada), unica parte fissa del råga, che rappresenta il nucleo dell'esecuzione. Il termine dhrupad, infatti, prima che in riferimento al genere musicale, era impiegato per definire la composizione poetica articolata su un ritmo e una melodia definiti e tramandati oralmente secondo la tradizione. I testi delle composizioni dhrupad sono costituiti da 2 o 4 versi essenzialmente dal contenuto mistico e devozionale, tuttavia vi sono dhrupad che affrontano anche altri temi con riferimenti a sovrani, ad eroi, all'amore, alla celebrazione di alcune feste stagionali, alla pratica e alla teoria musicale. Alla composizione dhrupad seguono le elaborazioni improvvisate melodiche e ritmiche (layakår^) con l'accompagnamento della percussione. Il tempo nella musica indiana è concepito come un ciclo ritmico, detto tåla, dal numero di pulsazioni e di accenti definiti che ne rendono identificabile il percorso. Nel dhrupad i tåla più impiegati sono: il cautål in 12 pulsazioni, il dhamår in 14 pulsazioni e il s¨ltål in 10 pulsazioni. Per eseguire il dhrupad sono impiegati normalmente tre o quattro musicisti: vi è il solista (cantante o strumentista), uno o due suonatori di tånp¨rå (un liuto a manico lungo non tastato a quattro corde, che funge da bordone), un percussionista che suona il pakhåwaj (un tamburo con due pelli orientate verticalmente) e, a volte, un musicista che doppia le frasi melodiche del solista suonando la sårang^ (tradizionale cordofono ad arco) o la v^†å (cetra a struttura tubolare con due risuonatori di zucca). La sårang^ e la v^†å possono essere impiegati anche come strumenti solisti. Il canto dhrupad per i musicisti non è soltanto una forma d'arte, ma la sua pratica comprende in sè dei presupposti filosofici e una adesione ad una percezione mistica del fare musica. Si ritiene, infatti, che il canto dhrupad affondi le sue radici in antichissime forme rituali e meditative quali la recitazione dei Veda e lo Yoga del Suono o Nåda Yoga. Tuttavia sotto il profilo formale le origini del canto dhrupad sono connesse ad un genere vocale in sanscrito, il prabandha, in voga tra il XII e il XIV secolo. Le prime composizioni dhrupad, comparse all'inizio del XV secolo, adottano la struttura musicale del prabandha integrandola con elementi melodici propri della musica popolare. I testi, non più in sanscrito come nel prabandha ma nella vernacolare brajbhåßå, sono caratterizzati dalla raffinatezza del linguaggio poetico, dall'intensità espressiva e dal contenuto esclusivamente mistico. Il dhrupad alle origini si manifesta pertanto come forma di canto devozionale, mezzo di celebrazione di culto e parte integrante nel rituale dei templi visnuiti del Vraj, una regione a sud di Delhi. Ben presto questo nuovo genere, che fondeva con successo l'eredità classica alle espressioni artistiche regionali, si affermò anche fuori dell'ambito dei templi induisti. Probabilmente per effetto dell'attività dei monaci itineranti, il repertorio dei canti dhrupad fu apprezzato anche nelle corti sia induiste sia mussulmane dove il genere fiorì con il partocinio dei sovrani, assumendo un carattere autonomo rispetto alla forma prettamente devozionale delle origini. Si distinguono da allora due forme di dhrupad: l' havel^ dhrupad, preservata ancora oggi nel rituale di alcuni templi delle congregazioni visnuite; e il darbår^ dhrupad, ovvero il dhrupad di corte che tutt'ora rappresenta la musica classica per eccellenza, di particolare prestigio e raffinatezza. Infatti, pur mantenendo il carattere sobrio e cerimoniale di un canto che mirava all'elevazione e al nutrimento dello spirito, i cantanti e autori di dhrupad trovarono nell'atmosfera fertile e cosmopolita delle corti medioevali gli stimoli necessari per elaborare ed espandere questa forma musicale. Intorno alla fine del 1700, contemporaneamente alla decadenza della vita di corte, iniziò il declino del dhrupad dal quale emerse un nuovo genere di musica colta, il khyål, ancora di largo seguito nell'India del Nord. Attualmente il dhrupad rappresenta un' importante testimonianza di una antica pratica vocale e strumentale trasmessa oralmente all'interno di famiglie d'arte dette gharånå. Nonostante si tratti di una musica ormai poco diffusa, si osserva negli ultimi decenni un moderato revival, a cui hanno contribuito anche l'interesse e l'attivo coinvolgimento di ricercatori occidentali. Ciò ha il merito di stimolare una riflessione all'interno della realtà musicale indiana e consente inoltre la divulgazione del dhrupad su scala internazionale.
Francesca Cassio
Francesca Cassio è ricercatrice di etnomusicologia e cantautrice. Ha pubblicato di recente un libro sul canto dhrupad nel Dagar Gharånå. Vive a Roma.
Amelia Cuni si è dedicata allo studio della musica classica dell'India del Nord dalla fine degli anni settanta, seguendo il tradizionale sistema di apprendimento di trasmissione orale. Ha vissuto in India per più di dieci anni e studiato il canto dhrupad con Ustad Rahim Fahimuddin Dagar, uno dei più apprezzati maestri del Dagar gharånå, successivamente con il geniale maestro e compositore Pandit Dilip Chandra Vedi e con il noto esponente del Darbhangå gharånå Pandit Bidur Mallik. Ha inoltre appreso la danza kathak con Smt. Manjushri Chatterji e il tamburo pakhåwaj con Raja Chattrapati Singh. Amelia Cuni ha sviluppato uno stile personale che in modo equilibrato accosta la cura nell'espressione vocale propria dello stile Dagar alla vivacità nell'improvvisazione ritmica caratteristica del Darbhangå gharånå. La sua voce è duttile e melodiosa nella esecuzione dell'ålåp quanto potente nelle layakår^ dal forte impatto ritmico. Amelia Cuni occupa una posizione singolare nel panorama del dhrupad quale unica donna occidentale cimentatasi professionalmente in un'arte per secoli rimasta appannaggio di soli uomini appartenenti a tradizionali famiglie di musicisti. E' impegnata non solo nella preservazione e diffusione del canto dhrupad, ma anche in progetti di genere sperimentale e di confine. Collabora con compositori e musicisti di diversa estrazione al fine di confrontare il dhrupad con contesti non necessariamente indiani. Pur rimanendo cantante di dhrupad, trova il coraggio di abbandonare strade battute, attraversare le frontiere e cercare nuove e significative dimensioni per la propria musica. Vive oggi a Berlino, insegna e si esibisce in India e in vari paesi europei.
Ravishankar Upadhyay appartiene alla settima generazione della rinomata famiglia di suonatori di pakhåwaj del Bihar fondata da Pandit Basudeo Upadhyay. Ravishankar ha iniziato lo studio del pakhåwaj all'età di otto anni sotto la guida del padre Ramji Upadhyay, percussionista di fama internazionale. Ha raggiunto la qualifica di artista di grado "A" per la radio nazionale indiana (All India Radio) e attualmente è docente presso la Prayag Sa†g^t Samiti di Allahabad. Si esibisce sia come accompagnatore di noti artisti sia come solista tenendo concerti in tutto il territorio indiano. E' particolarmente apprezzato per il suo abile e sensibile sangat (accompagnamento) e per la profonda conoscenza del repertorio dhrupad.
Marianne Svasek ha studiato sårang^ (strumento ad arco) con Pt. Ram Narayan e il canto dhrupad con Ustad Zia Fariduddin Dagar. Si è inoltre diplomata al conservatorio di Rotterdam (World Music Department) in entrambi le materie.
N.B: (per una corretta visione del testo copiare e sostituire con con il carattere "Hindustan")